Mi guardo attorno e vedo questo mio mondo lasciarsi andare, quasi sconfitto, abbandonarsi come stesse per inclinarsi su se stesso e chiudere gli occhi, immobile, inerme, sino a quando, nuovamente, tutto tornerà a vivere.
Un anno, come un giorno.
Un parallelismo di due istanti, diversamente lunghi ma simili fra loro nel trasmettere emozioni.
La primavera come il mattino, un sole che nasce, un cielo che illumina, un’aria che poco a poco si fa mite e fa sentire vivi, alimenta quel senso di futuro davanti a noi, scatenando il desiderio di sognare, progettare e partire.
L’estate come il mezzogiorno, Il caldo intenso di una terra che vive il suo momento più intenso.
"Tutti fuori" sembra gridare ad ognuno di noi.
Ed è lì che partiamo, andiamo lontani, fuggiamo verso luoghi che sino a quel momento erano nostri solo grazie alla capacità di sognare.
L’autunno come la sera, il sole si allontana, lo vedi scomparire dietro l’orizzonte, la temperatura scende inesorabilmente, le ombre si allungano e la tua mente passa dall’immaginare il futuro al ricordare il passato, ciò che è stato del tuo giorno, cosa hai visto, cosa hai fatto.
Si inizia a dare più spazio ai racconti piuttosto che costruirne di nuovi.
L’inverno come la notte, l’oscurità di un mondo che ti avvolge e quasi ti imprigiona impedendoti di volare. Il freddo ferma il mondo come in una istantanea che osservi a lungo senza mai notare un movimento, un cambio di colore, una forma di vita nuova.
Per chi come noi vive di vita e non di ricordi, questo è il momento più difficile.
La mente quasi cessa di guardare avanti e voltandosi indietro fa risalire istanti, pensieri, paure costringendoci a rielaborarle, rimasticarle come la mucca rumina l’erba ore dopo averla ingurgitata.
Analizziamo ogni passaggio di questo anno o questo giorno che sia.
Rivediamo i volti di chi abbiamo incontrato.
Ripetiamo a mente le battute, le frasi che ci hanno fatto sorridere e cerchiamo di cementarle nel nostro cuore al fine di fare scorta di pensieri felici per i mesi futuri.
Pensiamo alle cose accadute, ai cambiamenti che ci sono piovuti addosso senza che magari potessimo evitarli.
Pensiamo e ci preoccupiamo sempre per gli altri, magari lasciando andare noi stessi come gli alberi che di fronte a noi si stanno spogliando del loro essere, divenendo scialbi, grigi e all’apparenza tutti uguali fra loro.
Sono venticinque anni che qualcosa o qualcuno mi salta addosso come un demonio una volta all’anno almeno ricordandomi che, forse e per fortuna, non siamo tutti uguali.
Ma soprattutto questa mia compagna di vita dovrebbe aiutarmi a ricordare che ogni tanto, seppur possa sembrare egoistico e poco altruistico, ognuno di noi dovrebbe cercare di regalare la massima attenzione alla persona più importante, ovvero noi stessi.
Difficilmente ci si riesce.
La nostra natura ci porta a considerare noi stessi come un accessorio o forse un aiuto per le persone alle quali vogliamo bene, dimenticandoci però che anche noi valiamo.
Sono venticinque anni che mischio il mio sangue con un qualcosa che stringe le vene, ne riduce l’afflusso al cervello, spazzando via quel dolore che talvolta diviene insopportabile.
Chissà quanto ancora il mio cuore resisterà ?
Chissà per quanto ancora, anche il mio cuore così come il corpo che lo avvolge, urlerà al mondo: mai mollare !!
Meglio non avere queste risposte, meglio rialzare lo sguardo verso quella betulla che non è neppure più in grado di fare ombra a se stessa tanto è nuda e mai dimenticare che domani mattina, o forse meglio dire la prossima primavera, anche lei tornerà a rivivere.
Sarà bella, brillante e sorridente.
Sarà lì ad aspettarci per mostrarci quanto forte sia stata nel superare questa notte.
La notte che verrà si sta avvicinando, i passi alpini ormai ricoperti di neve ci costringono a lottare per poter respirare ancora una boccata di quell’aria libera.
Ma chi non lotta non conquista e chi non conquista non realizza sogni.
Per questo io non mollo, e con me…..neppure il mio cuore !
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