domenica 30 agosto 2015

Ricordi di Mongolia - Invito alla conferenza presso il Museo dell'Auto di Torino

Tornai da quel viaggio con la consapevolezza di aver compiuto, nel mio piccolo qualcosa di grande. 
Ancora non sapevo che il destino mi avrebbe posto di fronte a prove ben più difficili ed in qualche misura, a quel viaggio, collegate. 
Per questo, quasi senza gratitudine per quei luoghi e per tutta la fatica profusa nel cercare di attraversarli, decidemmo in modo inconscio di dimenticare. 
Ma con il passare del tempo ci accorgemmo che dimenticare non è giusto. 
Superare, ricominciare, ricostruire, riamare......questa è la soluzione. 
Dimenticare vuol dire cancellare, ignorare, rinnegare...........e la Mongolia, quel luogo denso di emozioni così forti e fra loro contrastanti, non lo merita ! 
Chiuderemo gli occhi e soffiando sulla polvere che solo apparentemente ricopre i ricordi di un viaggio compiuto nel 2011 lo racconteremo. 
La partenza da casa, attraversando la Polonia, Bielorussia, tutta l'immensa Russia e la Siberia, sino ad entrare in Mongolia per poi, non ancora dissetati dalla nostra voglia di conoscere, attraversare tutta la Mongolia in sterrato e far rientro a casa. 
Un viaggio di 20500 km, in moto, Gisella ed io, noi due soli in un mondo così lontano e tanto difficile da mettere a nudo la nostra infinita debolezza. 
Tutto questo, se desiderate, sarà a voi raccontato alla conferenza che si terrà al Museo dell'Auto di Torino il giorno 23 di Settembre, dove la moto del viaggio insieme alla tenda è esposta in un area dedicata.
A seguire troverete l'invito ufficiale per partecipare alla conferenza , basta scaricarlo. 
Se deciderete di onorarci con la vostra presenza, noi cerceremo di...............portarvi in Mongolia !



mercoledì 19 agosto 2015

Islanda - Cristalli di storia

Nell'inseguire un sole sfuggente e spesso flebile, abbiamo disegnato in modo astratto un tragitto che osservato dall'alto della traccia lasciata dal nostro trasmettitore satellitare sulla cartina digitalizzata dell'Islanda pare essere una contorsione impazzita di chi non sa bene dove andare.
In realtà la gioia e l'entusiasmo con i quali ci alziamo al mattino, carichiamo la moto e partiamo, non sarebbero tali se non avessimo ben chiaro la direzione da seguire, se non vi fosse sempre e comunque un progetto, una idea, una meta.
La differenza rispetto altri viaggi passati consiste solo nel fatto che quest'anno non dobbiamo per forza muoverci in modo lineare, seguendo una direzione ben precisa.
Siamo un po' come dei fortunati " reclusi " su quest'isola che su un territorio vasto ma non infinito regala ad ogni chilometro emozioni differenti.
Sta a noi saperle cogliere, sta a noi saperle far emergere dalle difficoltà di un viaggio dove il freddo, la pioggia e la nebbia potrebbero in qualche misura destabilizzare il viaggiatore.
Con questo non voglio dire che sia bello alzarsi al mattino sotto una pioggia battente e 6 gradi di temperatura dopo una notte passata a scommettere sulla tenuta dei picchetti che fissano la tenda in terra tanto forte e violento era il vento.
Vero, verissimo che il nostro amore per la natura e tutto ciò che essa ci regala è sopra ogni limite pensabile, ma il sadomasochismo del campeggiatore bagnato fradicio ed infreddolito non fa parte delle esperienze che cerco.
Pecçato che recarsi in Islanda senza mettere in conto questo, sarebbe pura eresia.
Si è in un luogo dove occorre meravigliarsi e stupirsi del fatto che vi sia il sole, dove i bambini giocano, corrono, mangiano il gelato, vanno in bicicletta esattamente come i nostri bambini, ma loro lo fanno indipendentemente dal meteo, che ci sia nebbia, che piova, che faccia un freddo porco o vi sia il sole.
Siamo in estate ragazzi, non dimentichiamoci che è estate per tutti !
È estate anche in quei luoghi dove per 6 mesi all'anno la luce del sole non produce ombra e non perché sia nuvolo, bensì per via del fatto che è notte o penombra 24 ore al giorno.
Può piacere o non piacere, ma è una parte importante e non piccola del nostro mondo quasi rotondo, fatto così per essere sempre caldo in alcuni luoghi e sempre freddo in altri.
Le culture cambiano il loro modo di vivere la giornata sulla base del clima che la nostra terra ci regala.
Cambia il nostro aspetto fisico, il colore dei capelli, cambia quanto gli occhi siano più o meno socchiusi, cambia la natura attorno a noi e cambia il cibo del quale ci nutriamo.
Già .....il cibo.
Delle scorte caricate a dorso del nostro mulo meccanico prima della partenza, ormai rimane ben poco.
Di tanto in tanto acquistiamo qualcosa, ma non potendo caricarci scorte pantagrueliche e non potendo conservare cibi deteriorabili, siamo arrivati a vedere l'ultima scatoletta di simmenthal fare capolino sul fondo della borsa laterale della moto.
Ci piange il cuore aprirla, quasi come fosse una reliquia, quasi come se dovessimo conservarla per momenti di crisi.
Ecco allora che in questi momenti, la dove l'uomo si arrende, il moto viaggiatore si appende alla propria sottile astuzia come un alpinista alla corda per salire ancora di un metro e cercare un appiglio.
Ho portato con me una piccola spoletta di lenza da pescatore ed un paio di ami, ho arrotolato il tutto su un pezzetto di polistirolo non più grande di 10 centimetri.
Nessuna esca, null'altro.
Alla partenza Gisella mi chiese " cosa te ne farai di quella roba se non porti delle esce ?".
Aveva ragione, ma non potevo portare null'altro per il rischio dei controlli al porto di arrivo in Islanda.
Giorni fa quindi, la svolta alla nostra dieta.
Ci troviamo in un paesino minuscolo, posto nella rientranza di un fiordo, il suo nome è Djupivogur.
Vi è un altrettanto piccolo porticciolo, piccole imbarcazioni di pescatori, alcune rosse, altre gialle si riflettono sull'acqua immobile, quasi densa, del mare del Nord.
Noto un pescatore in lontananza sul molo che si lancia verso il centro del fiordo come un braccio proteso a proteggere gli abitanti del piccolo paese.
Lo raggiungo e mi soffermo a guardare.
Lui, un omaccione alto una volta e mezza il sottoscritto, ha i capelli radi ma biondissimi, una barba incolta così come lo era quella di Mangiafuoco e la pelle inaridita dal freddo e dal vento.
Mi guarda e mi saluta, io ricambio.
Mi avvicino ulteriormente per osservare la sua enorme canna da pesca e la sua esca.
Lui riavvolge la lenza con il mulinello per verificare che nulla avesse abboccato ed in quel momento noto che all'amo aveva qualcosa di rossastro, come fosse carne.
Quindi gli chiedo che esca fosse.
"Bacon" mi risponde.
Bacon  ???? Chiedo io strabuzzando gli occhi...
Mi inchino, tiro fuori dal mio zainetto la mia poverissima attrezzatura.
Lui mi guarda e adesso non sono più io a strabuzzare gli occhi.
Si mette a ridere sotto quella barba più possente di lui.
Io piccolo ma incazzoso, gli vado incontro e gli chiedo un pezzo di Bacon.
Lo prendo, ne innesco un pezzo nel mio amo e lancio in mare.
I cinque minuti successivi a quel lancio sono stati quanto di più adrenalinico potesse accadere.
Una sorta di duello d'altri tempi, lui armato di canna da pesca da professionista, io invece con primordiali atrezzature.
Ci guardiamo e ci sorridiamo pure, ma sappiamo bene tutti e due che ormai il mio guanto di sfida è stato lanciato nell'istante in cui gli ho chiesto di darmi un pezzetto di esca.
Nulla si muove per interminabili minuti, poi ad un tratto, il mio dito indice, sul quale poggiava sino a quel momento una inerme lenza, si muove.....
Sento tirare !!!
Oh cazzo.......
Lui si gira di scatto, strabuzza di nuovo gli occhi, non può credere a ciò che sta succedendo.
Io, come un bambino al parco giochi, inizio a tirare su la lenza prestando attenzione a non rompere il filo e non perdere il bottino.
Dall'acqua vedo riemergere qualcosa, si agita, è grande.
Tiro su, arriva sul molo......non posso credere ai miei occhi !!!!
Una sogliola lunga due spanne delle mie mani, si agita e sbatacchiando se stessa sul suolo attira l'attenzione del Mangiafuoco pescatore ed anche quella di Gisella che poco lontano era intenta a scattare foto.
Lui, sconfitto ma onesto, inarca la bocca verso il basso e con gesti del capo ritmati mi trasmette i complimenti.
Gisella, corsa in gran carriera, anch'essa si complimenta con me, poi però........
" Ma guarda che occhietti........ Ma la vuoi uccidere ......? Ma non credi che sarebbe meglio liberarla ...?"
Io, chino sulla mia preda, guardo la sogliola con fierezza, poi alzo lo sguardo verso Gisella e già mi sento in colpa già solo perché le sto facendo respirare aria del molo anziché lanciarla in acqua.
Quindi, le tolgo con delicatezza l'amo e la lancio in acqua seguendola con lo sguardo di chi vede nuotare lontano la propria cena e vedendo invece riaffiorare lo spettro dell'ultima scatoletta di carne in scatola.
Mangiafuoco strabuzza gli occhi per la terza volta......io lo guardo e con fierezza da pescatore provetto quale non sono gli dico " too small".......
Felici per aver salvato un pesce dopo averne quasi decretato la su morte, Gisella ed io ripartiamo con la moto ancor più leggera.
Ci dirigiamo a sud-ovest, in un luogo dal nome impronunciabile, come quasi tutti i nomi di queste parti lo sono, Jokulsarlon.
Un luogo che toglie il fiato tanto la sua bellezza eterna ti colpisce.
Anche la prima volta in Islanda vi andammo, e oggi la mia paura era quella di non arrivare con il giusto approccio. Avevo timore di portarmi dietro l'emozione della prima volta e di conseguenza restarne, non dico deluso, ma forse meno colpito.
Ne parlo con Gisella e chiedo anche a lei di adottare un metodo, forse quello che dovremmo fare nella vita di tutti i giorni, ovvero, non abituarci mai, far sempre in modo che ciò che vediamo, chi amiamo, ciò che abbiamo, siano sempre una sorpresa, un regalo, un qualcosa di magnifico ed imperdibile.
Decidiamo quindi di filtrare le emozioni della prima volta e recarci in quel luogo come se non sapessimo cosa stavamo per andare a vedere.
Ed è così facendo che all'improvviso, in quel piccolo, minuscolo, infinitesimo pezzetto di ghiaccio, luccicante come un cristallo, ho visto una storia, non la mia, neppure una storia da scrivere, bensì la storia che quell'insieme di acqua addensata, prima di sciogliersi nelle mie mani, ha per secoli raccolto, osservato, accettato.
La laguna di Jokulsarlon, dove iceberg enormi staccatisidal ghiacciaio più grande di Europa, gironzolano ancora un po' prima di scivolare, trascinati dalla corrente, nell'oceano.
Da lì, le onde li rispediscono a riva, creando un contrasto di ghiaccio, onde, sabbia nera e luci.
Questo ghiaccio, storia di un mondo conservato per secoli, immobile nel suo comunque vivere e spostarsi, scende inesorabilmente, si stacca con fragore e l'acqua dolce e pura, creatasi quando ancora il mondo era altrettanto puro, ora si insinua nell'acqua di un oceano che la inghiotte e la fa sua.
Sulla spiaggia giacciono, come meduse spiaggiate, disseminati per chilometri iceberg di mille dimensioni differenti.
Il più piccino ci colpisce, è solo un frammento, ma così bello e lucente che fra tutti spicca.
Lo raccogliamo, e lasciando che il suo freddo geli il mio palmo, attendo che la sua storia, gocciolando giù dalla mia mano, si dissolva in mille altri cristalli di luce che a loro volta, null'altro saranno se non la storia di un piccolo ma indimenticabile .......nostro momento.












domenica 16 agosto 2015

Islanda - Ti seguirò sino in capo al mondo

Quest'anno, nel decidere la meta delle nostre vacanze, abbiamo utilizzato lo stesso metodo che da tempo ormai amiamo seguire.
L'ultima notte del vecchio anno, mentre affievolendosi lascia spazio al primo giorno del nuovo anno, Gisella ed io incrociamo i nostri pensieri, i nostri desideri ed i nostri sogni, mettiamo tutto dentro ad un immaginario contenitore ed estraiamo la scelta finale.
Indipendentemente dal fatto che il " sorteggio " abbia poi deciso per l'Islanda, un pensiero comune o forse ancor più una necessità di entrambi era di non definire un vero e proprio progetto di viaggio, bensì lasciare che qualcosa ci guidasse lungo direzioni sconosciute alla ricerca di una sola cosa, solitudine !
Così partiamo alla volta di questo luogo che nel suo essere comunque vicino, geograficamente parlando, alla nostra realtà di tutti i giorni, si presenta agli occhi di chi vi arriva da fuori come un luogo remoto, spesso apparentemente inospitale, desertico, battuto da venti gelidi e costanti, d'estate freddo come l'ultimo ripiano del mio frigorifero di casa con temperature mai al di sopra dei 10 gradi.
Eppure, eppure.....un qualcosa di magico ci attirava di nuovo qui, qualcosa che non è facile da spiegare per chi magari a casa, osservando foto di gente imbacuccata, nebbie basse e cieli argentei si pone e, magari a volte senza ritegno, ci pone la domanda " ma perché ?".
Un perché, descrivibile con una parola, non so se esista.
La meraviglia magnetica di questo luogo non risiede nascosta dietro una parola o una frase.
La trovi invece dietro ogni curva di una strada che sembra appoggiata su un pianeta che non è il tuo, la trovi cercando con lo sguardo di arrivare laggiù dove credi che il mondo finisca ed invece, sgranando gli occhi, ti accorgi che sarà ancora più bello.
Quindi riparti, lotti contro il vento che ormai quasi è divento un tuo amico, appoggi la moto su di lui, lasci che soffi forte così da poterti godere la magia delle onde che sbattendo su di esso si arrendono aprendo i loro lembi come fuochi d'artificio naturali.
Ti fermi quindi, lasci la moto sulla strada tanto sai che non passerà nessuno perché nessuno oltre a te in quel momento è lì, seduto su una panchina di un rifugio arancione come tanti altri in Islanda per fornire due tipi di servizi, essere un monito per i viaggiatori nel ricordare che qui....non si scherza con la natura ed anche, per dare una sosta a chi spostandoti da un luogo all'altro si imbattesse in tormente.
Ti godi la ragione per la quale hai deciso, forse contro natura ma non contro te stesso, di viaggiare per cercare di essere solo, magari anche per capire chi sei davvero, o forse cosa vorresti essere.
Noi viaggiamo, ci spostiamo e spesso fuggiamo.
Siamo partiti da casa senza sapere cosa avremmo seguito, quale magica ispirazione.
Oggi, giorno di ferragosto, anche noi vorremmo festeggiare di fronte al brillare del fuoco d'artificio più grande che esista, quello che ci da la vita, quello che madre natura ha deciso di regalarci non solo un giorno all'anno ma lasciare che esso splenda sempre, magari talvolta nascosto ma sempre presente.
Ecco allora che per fuggire ad una tempesta di pioggia e vento che ci ha messi a dura prova nei giorni scorsi, fuggiamo, corriamo, decidiamo di attraversare tutta l'Islanda da sud a nord mangiandoci il fango della strada sterrata che collega le due estremità passando per un luogo già visto ma sempre, energeticamente mozzafiato, Kjolur !
È una zona geotermica, come tante in Islanda, ma posta nella parte centrale, pizzicata fra due ghiacciai è situata a circa 700 metri di altitudine.
Viaggiamo sotto una pioggia che, cadendo in terra alimenta l'aumentare del fango e fa crescere il livello di acqua.
Dopo circa 440 chilometri, stanchi ed affamati, le luci del giorno si affievoliscono, le temperature si irrigidiscono ulteriormente ed il vento inizia ad essere davvero violento.
Raggiungiamo un paesino, Bakkafjordur, un luogo che se volessi usare un tipico modo di dire sarebbe " dimenticato da Dio", in realtà tolto il fatto che si tratta del paese più piccolo d'Islanda, che l'ufficio postale è una buca delle lettere, che l'unico negozio del paese ( nel raggio di 60 chilometri di strada sterrata ) è aperto solo il martedì ed il giovedì dalle16 alle 18.......tolto questo dicevo, madre natura ha fatto il resto.
Montiamo la tenda in un prato a ridosso del mare.
Il tipico cartello indicante una tenda simboleggia che quel'appezzamento dovrebbe essere un campeggio, ma siamo soli, nessuna traccia di persone in giro per il paese, tutto fermo, tutto silenzioso, tutto immobile.....tranne il vento.
Vi sono delle strane barriere di legno qua e là nel prato.
Le studiamo.....cerchiamo di capirne il significato, poi capiamo.
Il vento è talmente forte e costante che tutto il paese è costruito in modo da avere sempre un qualcosa che funga da barriera anti vento. 
Proviamo a rannicchiarci dietro ad una di queste è la situazione in effetti migliora seppur restando ancora critica per pensare di poter passare la notte.
Ecco allora che scatta la tecnica di chi deve....sopravvivere.
Abbiamo con noi un telo, generalmente lo utilizziamo da mettere sotto la tenda per limitare gli effetti dell'umidità, in realtà si tratta di un foglio rettangolare di stagnola utilizzato dai pronto soccorso stradale ( speriamo mai ) per soccorrere un ferito.
Gisella ed io ne afferriamo i quattro cantoni, lui in un attimo si gonfia come un aquilone e si spiattella contro la barriera di legno.
Il rifugio per la notte è pronto, stanchi ma tecnicamente soddisfatti ceniamo e solo dopo, finalmente, chiudiamo il vento fuori dalla tenda per dormire.
Il mattino, un po' gelati come se avessimo dormito al campo base dell'Everest, ripartiamo verso nord, viaggiamo veloci.....abbiamo un appuntamento !
Vi è punto in Islanda, il più a nord, che per poche centinaia di metri non tocca l'immaginaria linea del circolo polare artico.
In quel luogo, vogliamo arrivare entro sera.
Esattamente su quelle zolle di terra bagnate dagli schizzi delle onde del mare vogliamo montare nuovamente la nostra tenda, entrarvi dentro e silenziosamente lasciare che il frastuono del mare ci accompagni nel sonno affinché al mattino si possa essere riposati e pronti per incontrare lui, il nostro amico......il sole !









mercoledì 12 agosto 2015

Islanda - Storm

In questi anni di viaggi, di blog, di racconti e di foto, abbiamo sempre cercato di diffondere in etere la bellezza dell'essenza dello spostarsi con un mezzo come quello da noi preferito, la moto.
Abbiamo lottato contro il parere di molti, contro i pregiudizi per le due ruote, la sua pericolosità intrinseca e non ultima, il suo discutibile comfort .
Ci sono stati però dei momenti, come quello odierno ad esempio, che noi per primi avremmo avuto necessità di qualcuno che ci sostenesse e ci spingesse a credere nel nostro verbo, a non mollare, a sorridere sempre sebbene da sotto un casco gelato si fatichi a vedere.
Promontorio del Ghiacciao Snaefellsjokull ( per riuscire a scriverlo me lo sono fatto dettare da Gisella... ) ore 8 locali, smontiamo la tenda e cerchiamo di piegarla lottando contro un vento che ce la strappa dalle mani.
La signora del campeggio ieri sera ci aveva avvisato, domani è allerta meteo per una tempesta di vento e pioggia, il traffico dei camper e delle roulotte è vietato per questioni di sicurezza. Non c'è il divieto per per le moto, ma solo perché non è un mezzo molto comune in Islanda " take care, tomorrow will be very dangerous ".
Queste parole, dette da una islandese che, nonostante i sei ( 6 ) gradi di temperatura esterna se è va in giro in maniche corte, ci hanno fatto pensare.
A lungo, questa notte, nella nostra micro tenda, battuta dal vento, piegata come una spiga di grano su se stessa tanto da renderla ancor più piccola ed invivibile di quanto già non sia, abbiamo meditato.
Stamattina decidiamo di non sfidare la sorte e, anziché muoverci lunga la costa sud del promontorio, risaliamo la parte nord, sino all'imbocco di una pista sterrata che dovrà permetterci di arrivare a Pingvellir, luogo famoso in quanto vi risiede ben visibile la faglia che divide il continente Europeo da quello Americano.
La pista è resa viscida dal fango generato dalla pioggia, dal famigerato "tolue ondulè" ovvero il susseguirsi di piccoli avvallamenti seguiti da altrettanto piccoli dossi ed il vento impetuoso, quasi ci impediscono di procedere.
La moto oscilla, scivola, la ruota anteriore saltella mentre il vento, con uno schiaffo la sposta.
Rischiamo di cadere più volte, ma non molliamo, non lo facciamo mai e non lo faremo ora.
La pioggia inizia a scendere violenta subito dopo l'attraversamento di una zona di deserti vulcanici.
Dopo circa un centinaio di chilometri, raggiungiamo il primo avamposto di civiltà da quando abbiamo lasciato il campeggio.
Vi è un piccolo bar, un televisore che, come fossimo se in guerra, ripete a ciclo continuo sempre le stesse due notizie, sottotitolate in Inglese.
" Allerta meteo !!! Sull'Islanda del sud ovest si sta avvicinando una tempesta di vento e pioggia violentissima. La sua forza non è da sottovalutare. Il suggerimento a chi volesse mettersi per strada con mezzi come Camper, roulotte o piccoli fuoristrada è di non farlo. La strada per Askja risulta chiusa a sud mentre a nord, causa livello acqua nei guadi, risulta estremamente pericolosa."
Chiusi dentro quel bar e circondati dal l'imminente tempesta, Gisella ed io apriamo la cartina stradale sgualcita e umidiccia alla ricerca di una soluzione. 
Notiamo una strada che potrebbe portarci fuori dalla tempesta, ma occorre sbrigarsi, le piante fuori ondeggiano sino a far toccare le loro chiome in terra.
Alcuni passanti Islandesi, seppur abituati all'inclemenza di questi luoghi, corrono piegati in avanti cercando di vincere il vento.
Noi ci vestiamo all'interno, indossiamo tutto ciò che abbiamo di impermeabile e ci lanciamo fuori.
Salgo sulla moto ed a fatica riesco a sorreggerla da fermo.
Folate di vento improvvise mi spingono sul lato sinistro come se avessi un lottatore di Sumo seduto sulla spalla.
Gisella salta veloce sulla moto e mi incita a partire " vai, vai...."
Ingrano la prima marcia, poi la seconda, guadagno la strada e con essa la corsia di destra.
Percorriamo qualche chilometro, piegati su noi stessi come se stessimo sterzando in realtà stiamo viaggiando su un rettilineo.
Ad un tratto, come una mano che schiaffeggia una zanzara scagliandola lontano, una violenta raffica di vento ci prende sul fianco destro, quasi mi strappa il manubrio dalle mani sterzandomelo a sinistra,la moto si piega, invadiamo di colpo la corsia opposta.
Gisella urla nel casco con un impulsivo gesto di spavento.
Io drizzo la moto, la riporto nella corsia di mia competenza, ringrazio chi di dovere e......dopo essermi schiarito la voce pongo a Gisella una domanda che sa un po' di resa " e se ci fermassimo qui per stanotte ? ".
Ne convengo anche io, mi risponde Gì, anch'essa dopo essersi schiarita la voce.
Detto ciò......
Devo ammettere che scrivere questo post, comodamente seduto su un divanetto di una casetta in legno, affacciato alla finestra ad osservare che la nostra moto, parcheggiata qui di fronte, non venga scaraventata a terra dalle folate di vento persistenti, dopo aver fatto una sauna, cenato comodamente seduto a tavola e magari più tardi dormire in un letto anziché nella micro tenda.....tutto ciò dicevo, a volte non ha prezzo !
E se a volte, causa la mia senile irrequietezza, non vorrei doverlo ammettere......oggi, pur faticando....lo dico: Welcome Storm !!!!






Islanda - La scogliera a picco sul mondo

L'oceano a destra, le ripide montagne vulcaniche a sinistra, di fronte agli occhi invece tutto lo splendore di una strada che segue il profilo dei fiordi come fosse una coperta ricamata all'uncinetto.
Un lungo, infinito ed intenso serpeggiare lungo la costa sferzata dal vento gelido.
I fiordi della parte nord ovest d'Islanda, sono facilmente individuabili dalla cartina geografica.
La natura ha dato a quest'isola la forma di un gallo, e la cresta di quest'ultimo, è proprio la zona che Gisella ed io abbiamo deciso da tempo di andarci a gustare.
Partiamo presto al mattino, sapendo bene che le strade sterrate non ci consentiranno di mantenere medie molto alte. Quindi, non potendo andare veloci, ma volendo andare lontano, non ci resta che sfruttare il fattore tempo....ovvero guidare a lungo, come piace a noi.
La costa frastagliata e isolata di questa zona è singolare.
Intanto occorre essere consapevoli che ci troviamo in un luogo molto poco frequentato da turisti ( altra ragione per la quale siamo saliti sin quassù ), i punti di rifornimento sono molto scarni e rarefatti, il che significa mantenere sempre alta l'attenzione al livello di combustibile presente nel serbatoio al fine di evitare una sosta a tempo indeterminato sperduti chissà dove.
Un punto a favore lo determina il graduale ridursi del peso della moto, a tutto vantaggio delle prestazioni ma sopratutto alla riduzione dei consumi.
Le scorte di viveri stanno pian piano affievolendosi, la Nutella è ormai agli sgoccioli, delle tre scatolette di simmenthal ormai ne resta solo una ed anche i miei sigari, seppur ininfluenti sul peso complessivo, stanno via via riducendosi ( e questo mi mette in ansia....)
Siamo soli Gisella ed io, ma questa solitudine per noi non è altro che l'essenza del viaggio, ciò che cerchiamo e ciò che si contrappone al claustrofobico ed impulsivo caos di tutti i giorni.
Fatichiamo a volte a parlare per la paura di rovinare quell'istante fatto di onde, di schiuma, di vento e di silenzio.
Abbiamo quasi il timore di dire cose banali, di sminuire con un semplice " è magnifico " quanto di stupefacente i nostri occhi possono vedere e le nostre orecchie possono ascoltare.
Per tanto, spesso capita che ad uno dei due venga il sospetto che l'altro sia arrabbiato e non voglia parlare per questa ragione.
In realtà ormai ci conosciamo, e sappiamo bene che a volte si dicono più cose tacendo piuttosto che dicendo stronzate.
Esattamente come quel fenomeno di guida turistica, incontrato sul traghetto all'andata, una sottospecie di Marco Polo dei tempi moderni, che ad ascoltarlo pareva non solo aver visitato tutto il mondo, bensì quasi di averlo creato......e magari in sei giorni anziché sette, giusto per dimostrare anche in quel caso la sua bravura.
Capo guida di un nutrito gruppo di camperesti, che evidentemente per paura di soffrire di solitudine, decidono di spendere migliaia di euro affidando le proprie ferie ad una agenzia di viaggio.
Agenzia che poi prende "il fenomeno" , te lo impacchetta e te lo manda bello abbronzato alla partenza del traghetto.
Questi sale, chiama a rapporto i camperesti, i quali ignari dei pericoli del viaggio, non sanno che l'unico vero pericolo lo stanno per conoscere in quel preciso istante ed ha un nome ed un cognome.
Per assicurare il suo anonimato, lo chiamerò solo " Anvedi ", tipico modo di dire in romanesco, e termine utilizzato come intercalare, come fosse una virgola o peggio ancora al posto di respirare dal sopra citato fenomeno.
Anvedi si presenta ai camperesti che lo guardano con occhi lucidi, come se avessere davanti Lawrence d'Arabia, e con un perfetto Italiano esclama " ahoo, mo se va de soppra, ar piano cingue che dovemo fa la riunione de inizio aventura, anvedi...."
Io guardo Gisella, lei già mi conosce, fa diventare le labbra sottili, si chiude la giacca e mi fa segno di uscire. Io la guardo, alzandomi e seguendola fuori come un bambino che deve a tutti i costi dire qualcosa, l'affianco è una volta raggiunta esclamo " ahoo, anvedi......che viagio de merda, non semo ancora partiti e già me tocca no riunione.....anvedi "
Zitto ! Esclama Gisella, ed ha ragione.....
Non scordiamoci mai che alla fine, per il 99% dei casi, quando diciamo un qualcosa, nessuno in realtà lo ascolta, bensì tutto ciò che stiamo facendo null'altro è se non tramutare ossigeno in anidride carbonica.
Quindi, per il bene di tutti, anche per quello del pianeta stesso, spesso, faremmo meglio a tacere tutti quanti.
E per il bene del pianeta quindi che a volte taccio e forse dovrei imparare a farlo più spesso.
Ma ci sono luoghi dove ti riesce meglio, ci sono piccoli punti su questo pianeta dove non devi poi sforzarti troppo per capire che in un minuto di puro tuo silenzio è racchiuso tutto il fragore di questa terra che vive ed esplode di bellezza anche senza di noi.
Ed è arrivando a Latrabjarg, il luogo più a ovest del continente Europeo, in cima ad una scogliera alta 300 metri, a picco sul l'oceano che ci divide dall'America, che ci si sente piccolo, un piccolo essere che come altri ne occupa l'atmosfera, ne respiri l'aria, ne consumi le risorse ed osservando cos'hai di fronte ti chiedi se sia davvero giusto.
A trasmettermi questo pensiero sono gli occhi semichiusi di un Puffin, forse meglio conosciuto come Pulcinella di mare.
Si tratta di un piccolo pennuto, grande più o meno come un comune piccione, ma molto più particolare.
Ha un becco coloratissimo, un faccino rotondetto ricoperto di piume bianche così come il petto, mentre il mantello sulla testa e sul dorso sono di colore nero.
Sono uccelli migratori, che nidificano sulle scogliere di Latrabjarg da secoli, vi giungono a metà maggio e scappano come saette, al 15 di Agosto !!!
Prendono il volo, muovendo le loro alette piccine, attraversando migliaia di chilometri di mare aperto per dirigersi al caldo.
Io sono disteso in cima alla scogliera con solo la testa fuori ad osservare il salto nel vuoto e le onde che, vigorose, si infrangono sugli scogli.
Lei arriva dal nulla, plana leggermente, appoggia le zampette palmate su una piccola protuberanza di roccia ad un metro da me.
Mi osserva, io osservo lei.
Siamo due esseri che non si sono mai incontrati prima.
Mi reputo fortunato, in quanto io so che lei è un Puffin, so da dove arriva e per quanto tempo starà in Islanda, insomma mi sono documentato.
Lei, spero che non lo abbia mai fatto, altrimenti volando via insieme a migliaia di altre Pulcinelle di mare, non vorrei che ad un tratto esclamasse ad alta voce " ragazze..........sapete oggi chi ho visto sulla scogliera ? ...........er parente d'Anvedi !!!! "










sabato 8 agosto 2015

Islanda - Grazie freddo vento del Nord

È mattina di buon ora quando la voce metallica di un altoparlante echeggia nella nostra cuccetta della Norrona.
Ci indica che al massimo in un ora dovremo lasciare la cabina e recarci verso le uscite, l'Islanda è ormai prossima.
Gisella ed io ci precipitiamo fuori, lei forse, ancora più precipitosamente del sottoscritto tanto era la sua voglia di fermare il moto ondoso che da tre giorni ormai la costringeva a traiettorie sinusoidali ogni volta che cercava di fare due passi.
Ci lanciamo fuori, sul ponte scoperto, per poter iniziare sin da subito a respirare aria d'Islanda ma una nebbia fitta condita da pioggia battente ci respinge all'interno.
A stento si vedono le coste del fiordo lungo il quale la nave sta navigando per raggiungere il porto di Saydisfjordur, quasi ci viene da strofinare gli occhi per mettere meglio a fuoco le immagini, ma il problema non è negli occhi, bensì da un millimetro oltre essi in poi....
Una nebbia fitta ci avvolge, anche quando ormai liberati dalle viscere della nave iniziamo finalmente a muovere le ruote e a diregerci verso la strada più importante dell'isola, la Ring Road. 
Una strada che descrive quasi il periplo dell'Islanda, un anello che permette di girare tutta l'isola toccando i punti più importanti.
Ma quest'anno, noi non siamo qui per lei, bensì proprio per andarci ad infilare in quei luoghi dove, forse, potremo vivere la vera Islanda. Quei luoghi più lontani dalle comuni rotte turistiche, meno attrezzati, forse meno apparentemente allettanti, ma per noi estremamente intensi e densi di significato.
Ed è per questo che dopo essere riuscito a sorpassare la lunga fila di camper sbarcati anche loro dalla Norrona, nello svoltare a destra e vedere loro invece svoltare a sinistra, mi sale quel sospiro che sa di liberazione interiore nel comprendere che, finalmente, siamo soli, Gisella, la moto, la tenda ed io.
Già.....la tenda.
Non un banale ed inoperoso accessorio, bensì una casa, una dimora, un rifugio dove passare le notti in questa terra non propriamente.....facile.
La scelta della miglior tenda ha richiesto intensi studi e dibattiti familiari nei mesi precedenti la partenza.
Pur avendone già una nutrita collezione, e non soddisfatti dell'ultimo acquisto effettuato in primavera proprio con lo scopo di poterla testare con cura prima della partenza, con un colpo di coda, un ultimo rantolo di shopping online, decidiamo di acquistarne un'altra, più leggera, più tecnica, più facile da montare ma sopratutto, più piccola.
Ed è proprio con questo ultimo aggettivo, piccola, che Gisella ed io ci scontriamo la prima sera.
La temperatura è di 6 gradi, piove, siamo in riva ad un lago ed il vento che ci schiaffeggia è freddo.
Avremmo necessità di poterci lanciare in tenda velocemente, cercando di non bagnare i già umidi sacchi a pelo, poterci togliere le calze fradice e coricarci al caldo.
Invece, troviamo una tettoia di riparo, è sotto di essa iniziamo a definire singolarmente ogni piccola e delicata fase della svestizione, dell'accesso in tenda, del posizionamento di noi stessi e di ogni nostro indumento.
Definita la strategia, passiamo all'attacco.
Assaltiamo la tenda come degli indiani ai tempi del far west, Gisella apre la cerniera, io mi libero degli stivali, mi sfilo i pantaloni, la giacca e mi lancio come Udinì nel micro sarcofago nuovo di zecca.
Gisella da fuori nel frattempo aveva già guadagnato tempo, ed anche lei si tuffa nella parte che compete al secondo occupante della tenda.
Stretti come due sgombri in un scatoletta, ruotiamo il capo a guardarci, forse l'unico gesto libero che la tenda permette, ci sorridiamo e scoppiamo a ridere come due bambini al campo estivo.
La nostra nuova tenda si chiama Micra.....e forse avremmo dovuto dare maggior peso almeno al nome.
Però ha un grande punto a favore, è gialla.....il che significa che anche quando fuori piove, dentro pare che vi sia il sole.
Diciamo che rende allo spirito ciò che toglie al corpo.....
La vera notte non arriva mai a queste latitudini. Pur non essendo sopra il circolo polare artico, il buio della notte è sostituito da un tenue imbrunimento del cielo, per poi ricominciare ad illuminare il giallo della nostra tenda e di conseguenza il finto sole che in essa pare sorgere.
Ci rimettiamo in marcia e saliamo verso i fiordi, muovendoci lentamente sulle strade, spesso sterrate, che portano a nord. Di fronte a noi il mare del Nord, e più il la seppur non visibile, la Groenlandia. 
Un vento gelido ci sferza la moto, entra sotto il casco, gela i denti a causa di quel nostro sorriso disperato di grande immenso piacere nell'essere qui. 
Di tanto in tanto ci fermiamo a goderci quello spettacolo che solo la natura può architettare.
E nel nostro modo di pensare, di vivere e di essere, il fatto di essere soli, lontani da un mondo artefatto, ci aggrada più di qualsiasi altra cosa.
Per questo, ma non solo, essere seduti su uno scoglio ad osservare il nulla di fronte a te, senza suoni che non siano altro che l'ululare del vento artico, senza colori che non siano altro che il blu dell'oceano ed il blu del cielo, ha per me un significato di grande profondità.
Regalarmi quel mazzolino di minuti, ogni tanto, solo per me, per il mio respiro per il mio cuore, per il mio essere.
Un regalo che, scopriamo stamattina, non siamo i soli ad apprezzare.
Appollaiate su alcuni scogli di fronte a noi, quasi come delle turiste sulla spiaggia, vi sono un gruppo di foche.
Un po' tutte assumono una posizione ricurva, tenendo il capo e la coda sollevate da terra.
Ci guardano così come noi guardiamo loro.
Noi stupiti, meravigliati.
Loro, stanche ed affaticate.
Noi assiderati e con tutto il possibile addosso.
Loro invece....in attesa del freddo inverno.
Quei momenti, quegli istanti, così come mi sono ripromesso di fare, ogni piccola frazione di quel grappolo di minuti, l'ho respirata e vissuta nella sua interezza.
Questo voglio, essere colpito dal vento freddo del nord, partito da chissà dove, caricandosi di gelo sul ghiaccio della Groenlandia, scivolando per centinaia di chilometri sulle onde dell'oceano, per poi, fra sette miliardi di visi.......colpire il mio !
Potrei non ringraziare per questo ?












mercoledì 5 agosto 2015

Lo smeraldo del Nord

Dopo una lunga notte di onde infilata come uno spillo in due giorni di mare e cielo scorgiamo un lembo di terra in lontananza.
Un po' la conosciamo già, ma rivedere quelle sponde ripide che, lasciandosi andare come se si arrendessero al vento, scivolano verso il mare reso scuro dal cielo plumbeo paiono ancor più belle di un tempo.
Sono le isole Faroer, unico punto di approdo fra l'ormai distante Danimarca e la nostra meta.
Un grappolo di cime che, come mani protese verso il cielo si innalzano dall'acqua e danno rifugio alla vita del mondo di sopra.
Verdi come un campo da golf, immacolate come il cuore di un bambino, selvagge come il mio essere, dure e difficili come ogni cosa da quest parti pare esserlo.
Miglia dopo miglia sorvoliamo ciondolanti il mondo di sotto che, silenzioso ma sempre attivo, ci sorregge.
La Norrona, nonostante la sua stazza di tonnellate pare essere un rametto lanciato nel torrente.
Si alza per poi ricadere su se stessa, beccheggia, ci impedisce di camminare rendendoci tutti come se fossimo reduci da una bevuta pantagruelica.
Il vento freddo che ci schiaffeggia arrossisce i nostri zigomi mostrando a tutti gli altri la nostra meridionalissima provenienza.
Noi incappucciati, vestiti con tutto ciò che in fondo avremo a disposizione per i prossimi giorni, affrontiamo impavidi il ponte aperto della nave. Lottiamo contro il vento che ci fa camminare inclinati, il mare agitato che solleva schizzi alti come una casa di tre piani, raggiungiamo la punta per sentire dentro i polmoni il saluto del nord.
Poi mi giro, abbasso lo sguardo e di fianco a me, gattonante, un bimbo che credo non abbia due anni.
Biondo com'ero io quando alla sua età venivo portato sulla spiaggia di Alassio.
A me facevano indossare un cappellino da marinaretto, un costume ascellare stile Fantozzi e la proverbiale canottiera ....per non scottarti....
Lui, biondo e bianco come un foglio di carta è in maniche corte, gola scoperta, pantaloni che a stento trattengono il pannolone lasciando la schiena scoperta e come se bastasse......scalzo.
Guardo Gisella e sorridendo le ricordo che è sempre tutto relativo, anche la latitudine......
Quando pensi di abitare al nord, a Torino intendo, ricorda sempre che un bimbo vichingo potrebbe ricordarti che tutto sommato sei un risultato di anni di conquiste saracene...
Una notte ancora ci separa dalle coste dell'Islanda.
Poi, quello che succederà cambierà di colpo passando da futuro a presente, e solo quando cambierà nuovamente divenendo passato......ve lo racconterò.
Buona notte mondo di sopra, noi continueremo a sorvolare silenziosamente il mondo di sotto scivolando su di esso.
Buonanotte bimbo vichingo.








lunedì 3 agosto 2015

Chi va piano.....preserva i tasselli

Non ci sarebbe nulla o quasi da raccontare in questi 1800 km di strada dritta come un fuso e pianure che sanno di olezzo di maiale, se non fosse che forse, per la prima volta in vita mia, me li sono goduti tutti grazie all'andatura da pensionato che mi sono imposto sin dalla partenza.
Abbiamo installato due ruote tassellate, proprio per goderci gli sterrati Islandesi, e al fine di evitare la loro prematura usura, mi ero imposto una velocità massima di 120 km/h......così è stato.....dura, lunga, eterna.......ma se il fine giustifica i mezzi, ora posso dire di avere le gomme pronte per gli sterrati del luogo più similare al centro della terra che io abbia mai visto, l'Islanda appunto.
Ci troviamo a Hjorring, un paesino appollaiato sul bordo nord della Danimarca, uno di quei posti che o vi abiti, oppure non sai che esistano. 
Eppure, nel suo essere sconosciuto tanto quanto lo è il mio volto al mondo, mi risulta fantastico.
Mille colori, un sole che brucia, un cielo che finalmente sa di blu, è una casetta di legno colorata di giallo, immersa nel verde di un campeggio dove l'unico rumore lo generano le foglie degli alberi spettinate dal vento.
Una cena semplice, un trancio di salmone cotto alla griglia, ma accompagnato da un vino Cileno che sa di istanti magnifici, un sapore che non puoi scordare, già solo per via del fatto che il suo nome, super sconosciuto mi è caro, si chiama Moments....... E questo momento, nella sua semplicità, vorrei fosse eterno, così come lo sarà il ricordo di esso.
Domani mattina saliremo di buon ora sul traghetto, sulla famigerata Norrona, un blocco di metallo che ogni settimana salpa dalla Danimarca sfidando le onde del mare del Nord, i venti possenti che spingono i ghiacci e il loro carico di donne e uomini, lontani dall'essere i valorosi naviganti vichinghi ma comunque coraggiosi già solo per aver oltrepassato il check-in della nave.
Si parte, tre giorni di mare, di onde, di vento e lassù, ad attenderci, il freddo di un luogo del quale mi sono innamorato anni fa e oggi, come reduce da una lunga attesa, torno a salutare.
Tre giorni di silenzio, questi saranno i nostri. 
In balia di quel mare che Gisella odia mentre per me è supporto naturale al sonno. 
Tre giorni di ciondolii, sino a quando le ruote torneranno a girare, il portellone della nave ci rigurgiterà fuori dalla sua stiva e finalmente noi potremo aprire gli occhi e vedere. 
Vedere, diverso da guardare...
Vado lassù per vedere, ogni singola cosa che potrò guardare, lasciando che si impadronisca di me, mi entri dentro e mi rapisca nuovamente come già successo nel 2006.
Tre giorni di cielo e mare, un unico colore, per poi riempire gli occhi, la mente ed il cuore di un qualcosa che, speriamo nel migliore dei modi, vorremmo sapervi narrare.

Onda, spingici lontano, spingici forte, abbiamo un appuntamento con l'Islanda......non vorremo fare tardi.
Sogni d'oro terra, buongiorno mare.