Il mio copro iniziò a perdere peso, il mio stomaco ad essere vittima di un continuo formicolio, la mia mente presa da mille pensieri, i miei occhi smisero di chiudersi per il sonno ed il mio cuore iniziò a battere più forte del solito.
Quel presente che si stava, giorno per giorno concretizzando, si aprì come una finestra verso un futuro che solo oggi, volgendomi indietro appare come un passato incredibilmente emozionante.
Non ho mai smesso di crederci anche quando quel sogno pareva smarrito.
Non ho mai smesso di lottare per alimentare quel formicolio che fa star bene, talvolta fa soffrire ma mai smette di far vivere.
Mille sarebbero i momenti che vorrei fissare per sempre come foto spillate sulla parete immaginaria di quel muro, che ad occhi chiusi osservo, quando cerco ossigeno nei ricordi di un recente passato....
" mancano solo più un centinaio di chilometri al punto più a Nord del continente Europeo. Siamo partiti da soli quattro giorni e dopo una cavalcata di 4500 km ormai ci siamo.
L’aria è fredda, la pioggia batte violentemente sulla visiera dei caschi, si insinua sotto i vestiti rendendoci zuppi e tremolanti. Il collo è incassato nelle spalle cercando riparo dal freddo che impedisce i movimenti.
La nebbia si fa fitta e a stento riusciamo a distinguere il bordo della strada e le renne che, sgraziate nel loro ciondolare, ci tagliano la strada. Ad un tratto dalla nebbia salta fuori una sbarra che impedisce il passaggio.
Rallento, mi fermo, scendo dalla moto e noto in lontananza la forma stilizzata del mappamondo posto sulla cima della scogliera che si staglia verso il mare del nord.
Gisella scende, a fatica si toglie i guanti anch’essi zuppi, mi dà la mano e ci incamminiamo a piedi.
Dopo alcuni istanti, i nostri passi si interrompono la dove la stessa terra ferma cessa di esistere. Gisella mi guarda, mi abbraccia e scoppia a piangere.
Siamo a Capo Nord, quel luogo che per primo, nel suo freddo pungente ma nel contempo nel suo estremo essere, ci ha forgiati e ci ha scatenato il desiderio di muoverci e conoscere.
Le prendo la mano, a pochi passi vi è un bar, entriamo ed il caldo reagendo con la nostra pelle resa dura dal freddo reagisce su di essa facendo spuntare sulle guance di Gisella due chiazze rosse attraversate ancora dal rigolo salato delle ultime lacrime.
Piango di gioia mi disse, ma quei suoi occhi lucidi e brillanti, altro non erano che i fari accesi di una donna che si scopriva viaggiatrice e che pur soffrendo, non aveva mai neppure per un istante lasciato alla stanchezza l’onore di vincere ….”
Nella vita di ogni giorno, fra un viaggio e l’altro, la vita continua ed è forse questo il momento più difficile.
Il lavoro, gli impegni, la frenesia di quelle mille ansie che cercano di strapparci da dosso la voglia di continuare ad essere bambini, spesso ci spingono a trascurare noi stessi e tutto ciò che nella realtà ha un unico, supremo e vero valore.
Ma se davvero vuoi lottare, se davvero credi nei sogni ed a loro dai importanza affinché siano in grado di trasformarsi, ecco allora che la vita può stupirti....
" quella carta geografica del mondo, stampata e appesa sul muro che dalla sala porta alla nostra camera da letto, era lì già da tempo ma senza che nessuno di noi due mai vi si soffermasse dinnanzi per più di una manciata di secondi.
Non so bene perché quella sera mi soffermai più del solito, non conosco la ragione per la quale, per la prima volta, i miei occhi riuscirono ad unire i due punti più distanti del continente Americano, dall’estremo Nord in Alaska, sino all’estremo Sud in Patagonia.
Gisella, la quale era in cucina, non vedendomi tornare si affacciò sul corridoio.
Asciugandosi le mani si avvicinò a me, cercò di capire dove i miei occhi puntavano e poi, non riuscendovi, mi chiese cosa stessi guardando.
Il prossimo nostro viaggio risposi io.
Allungai la mano destra e appoggiai l’indice sul circolo polare artico dell’Alaska.
Partiremo di qua…… dissi io, e poi facendo scorrere il polpastrello sulla carta, seguendo una linea posta verso ovest, attraversai tutto il continente Americano sino alla Patagonia, il punto più a sud della terra. Ed arriveremo sino qui…..aggiunsi.
Gisella si blocco, gli occhi scorrevano dall’alto verso il basso cercando di immaginare come due persone potessero, in moto, da sole, senza supporto esterno ed usufruendo delle sole ferie, riuscire in un viaggio così lungo.
Mi sarei aspettato una risposta tipica di chi vuole disilludere una proposta oscena. Invece la sua reazione la portò semplicemente a dire….mi piace, ok !
Se si può definire quando un viaggio inizia, il suo via non fu in Alaska, bensì quella sera davanti alla cartina.
Il coraggio o forse l’incoscienza di una volontà che non ha pari ci portò a vivere la preparazione del viaggio fra mille emozioni.
Quel sabato mattina lasciai Gisella a casa per recarmi in un ufficio dove, con il mio Amministratore Delegato, mi sarei incontrato per una riunione da me richiesta.
Gisella mi guardò uscire, mi strizzò l’occhio e con un sorriso sicuro mi disse andrà bene.
La riunione ebbe inizio verso le nove del mattino.
Il mio Amministratore era seduto di fronte a me, io in piedi proiettavo le immagini di una cartina sulla quale avevo tracciato una linea che attraversava il continente Americano.
Io parlavo e lui con sopracciglia ruvide fissava il monitor.
Giunto alla fine della mia presentazione arrivai alla domanda per la quale avevo richiesto la riunione. Il viaggio sarà lungo, non so quanti giorni dovrò stare via. Per questo ti chiedo di poter usufruire di un periodo di aspettativa.
Calò il silenzio, il mio capo si fece ancora più serio, trattenne il silenzio per alcuni secondi che, ancora oggi mi sembrano un eternità, poi disse….tu sei matto, per me va bene a patto che torni vivo, mi servi vivo.
Uscii dal suo ufficio, mi catapultai in strada verso la macchina, volevo volare a casa da Gisella per dirle che avevo l’ok.
Tutto questo però non prima di fermarmi vicino ad un cassonetto dell’immondizia, infilare la mano destra nella tasca interna della giacca, cercare quella busta bianca sul retro della quale vi era scritto “ All’attenzione dell’Amministratore Delegato Ing. …..” strapparla e poi gettarla via.
L’avevo preparata la sera prima, in accordo con Gisella, sarebbe stata la mia ultima spiaggia nel caso in cui non mi avessero dato l’ok.
Quando sei certo che per un sogno sia giusto rischiare tutto, ma proprio tutto, fallo ! In quella busta vi era la mia lettera di dimissioni “ ....
Vivere cercando di mantenere vivo il sorriso, la voglia di scoprire in chi ti è a fianco una sorgente sempre nuova di desideri, ecco magari tutto ciò pare non semplice.
In effetti semplice non è, ma non è neppure immaginabile quanto sia bello e importante riuscirvi.
Anche lassù, oltre a quel limite dove neppure l’ossigeno vuole abitarvi......
"La Pamir Highway, la seconda strada carrozzabile più alta al mondo, è in parte alle nostre spalle, in parte ancora dinnanzi a noi e solo qualche centimetro rappresenta il nostro presente, ovvero quel piccolo spazio che i nostri piedi possono calpestare in quella sera di Agosto, sull’unica strada di quella fatiscente cittadina posta a circa 4000 metri sul livello del mare.
Abbiamo trovato posto per la notte in una struttura che si fa chiamare hotel… In realtà la stanza ha una finestra con i vetri rotti, non c’è riscaldamento, la luce fioca della stanza è data da una sparuta lampadina posta sul soffitto e di tanto in tanto, si spegne.
Non ci sono letti bensì due materassi sudici appoggiati in terra. Il freddo dell’esterno, 3 gradi sotto lo zero, è lo stesso dell’interno a causa dell’inesistente finestra.
Ceniamo in ….hotel… una zuppa di grasso con parti non ben definite di carne.
Dopo cena, così come fanno la maggior parte delle coppie durante le vacanze, usciamo a fare due passi. Il freddo ci attanaglia il capo, le orecchie perdono la loro gommosa elasticità diventando ben presto due pezzi di cartone.
Alcuni cani randagi con il pelo sferzato dal vento ci osservano mentre noi, mano nella mano, raggiungiamo la fine del paese.
Le case in fango allungano le loro ombre grazie alla luce di una luna che illumina più del nostro abituale sole.
La passeggiata si chiude con l’ultimo sigaro della giornata e mentre soffio via il fumo mischiato con il vapore prodotto dal fiato, Gisella mi si pone davanti, mi guarda e sorridendomi mi stringe forte baciandomi.
Lassù, dove se davvero non ami non puoi, è matematico che tu non possa essere davvero felice, noi lo eravamo ! “ .....
Non ricordo esattamente quando iniziai ad amare, ma se qualcuno pensa di essere in grado di farmi un giorno smettere………ecco si sbaglia.
Ho promesso a me stesso e poi a chi mi dà ogni giorno la forza di vivere, di farlo sempre, farlo a prescindere, farlo con passione, farlo con la consapevolezza di tramutare un sogno in realtà in ogni istante.
Ho promesso, e sarà meraviglioso farlo, di arrivare un giorno, quel giorno….il mio ultimo giorno….guardare negli occhi Gisella così come lei guardò i miei nella nebbia di Capo Nord, prenderle le mani e cercando la forza di un ultimo sorriso dirle “ Hai visto che ci siamo riusciti ?
te l’avevo promesso……….
ad ogni respiro……..
ogni momento che vivo ! “
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