mercoledì 19 agosto 2015

Islanda - Cristalli di storia

Nell'inseguire un sole sfuggente e spesso flebile, abbiamo disegnato in modo astratto un tragitto che osservato dall'alto della traccia lasciata dal nostro trasmettitore satellitare sulla cartina digitalizzata dell'Islanda pare essere una contorsione impazzita di chi non sa bene dove andare.
In realtà la gioia e l'entusiasmo con i quali ci alziamo al mattino, carichiamo la moto e partiamo, non sarebbero tali se non avessimo ben chiaro la direzione da seguire, se non vi fosse sempre e comunque un progetto, una idea, una meta.
La differenza rispetto altri viaggi passati consiste solo nel fatto che quest'anno non dobbiamo per forza muoverci in modo lineare, seguendo una direzione ben precisa.
Siamo un po' come dei fortunati " reclusi " su quest'isola che su un territorio vasto ma non infinito regala ad ogni chilometro emozioni differenti.
Sta a noi saperle cogliere, sta a noi saperle far emergere dalle difficoltà di un viaggio dove il freddo, la pioggia e la nebbia potrebbero in qualche misura destabilizzare il viaggiatore.
Con questo non voglio dire che sia bello alzarsi al mattino sotto una pioggia battente e 6 gradi di temperatura dopo una notte passata a scommettere sulla tenuta dei picchetti che fissano la tenda in terra tanto forte e violento era il vento.
Vero, verissimo che il nostro amore per la natura e tutto ciò che essa ci regala è sopra ogni limite pensabile, ma il sadomasochismo del campeggiatore bagnato fradicio ed infreddolito non fa parte delle esperienze che cerco.
Pecçato che recarsi in Islanda senza mettere in conto questo, sarebbe pura eresia.
Si è in un luogo dove occorre meravigliarsi e stupirsi del fatto che vi sia il sole, dove i bambini giocano, corrono, mangiano il gelato, vanno in bicicletta esattamente come i nostri bambini, ma loro lo fanno indipendentemente dal meteo, che ci sia nebbia, che piova, che faccia un freddo porco o vi sia il sole.
Siamo in estate ragazzi, non dimentichiamoci che è estate per tutti !
È estate anche in quei luoghi dove per 6 mesi all'anno la luce del sole non produce ombra e non perché sia nuvolo, bensì per via del fatto che è notte o penombra 24 ore al giorno.
Può piacere o non piacere, ma è una parte importante e non piccola del nostro mondo quasi rotondo, fatto così per essere sempre caldo in alcuni luoghi e sempre freddo in altri.
Le culture cambiano il loro modo di vivere la giornata sulla base del clima che la nostra terra ci regala.
Cambia il nostro aspetto fisico, il colore dei capelli, cambia quanto gli occhi siano più o meno socchiusi, cambia la natura attorno a noi e cambia il cibo del quale ci nutriamo.
Già .....il cibo.
Delle scorte caricate a dorso del nostro mulo meccanico prima della partenza, ormai rimane ben poco.
Di tanto in tanto acquistiamo qualcosa, ma non potendo caricarci scorte pantagrueliche e non potendo conservare cibi deteriorabili, siamo arrivati a vedere l'ultima scatoletta di simmenthal fare capolino sul fondo della borsa laterale della moto.
Ci piange il cuore aprirla, quasi come fosse una reliquia, quasi come se dovessimo conservarla per momenti di crisi.
Ecco allora che in questi momenti, la dove l'uomo si arrende, il moto viaggiatore si appende alla propria sottile astuzia come un alpinista alla corda per salire ancora di un metro e cercare un appiglio.
Ho portato con me una piccola spoletta di lenza da pescatore ed un paio di ami, ho arrotolato il tutto su un pezzetto di polistirolo non più grande di 10 centimetri.
Nessuna esca, null'altro.
Alla partenza Gisella mi chiese " cosa te ne farai di quella roba se non porti delle esce ?".
Aveva ragione, ma non potevo portare null'altro per il rischio dei controlli al porto di arrivo in Islanda.
Giorni fa quindi, la svolta alla nostra dieta.
Ci troviamo in un paesino minuscolo, posto nella rientranza di un fiordo, il suo nome è Djupivogur.
Vi è un altrettanto piccolo porticciolo, piccole imbarcazioni di pescatori, alcune rosse, altre gialle si riflettono sull'acqua immobile, quasi densa, del mare del Nord.
Noto un pescatore in lontananza sul molo che si lancia verso il centro del fiordo come un braccio proteso a proteggere gli abitanti del piccolo paese.
Lo raggiungo e mi soffermo a guardare.
Lui, un omaccione alto una volta e mezza il sottoscritto, ha i capelli radi ma biondissimi, una barba incolta così come lo era quella di Mangiafuoco e la pelle inaridita dal freddo e dal vento.
Mi guarda e mi saluta, io ricambio.
Mi avvicino ulteriormente per osservare la sua enorme canna da pesca e la sua esca.
Lui riavvolge la lenza con il mulinello per verificare che nulla avesse abboccato ed in quel momento noto che all'amo aveva qualcosa di rossastro, come fosse carne.
Quindi gli chiedo che esca fosse.
"Bacon" mi risponde.
Bacon  ???? Chiedo io strabuzzando gli occhi...
Mi inchino, tiro fuori dal mio zainetto la mia poverissima attrezzatura.
Lui mi guarda e adesso non sono più io a strabuzzare gli occhi.
Si mette a ridere sotto quella barba più possente di lui.
Io piccolo ma incazzoso, gli vado incontro e gli chiedo un pezzo di Bacon.
Lo prendo, ne innesco un pezzo nel mio amo e lancio in mare.
I cinque minuti successivi a quel lancio sono stati quanto di più adrenalinico potesse accadere.
Una sorta di duello d'altri tempi, lui armato di canna da pesca da professionista, io invece con primordiali atrezzature.
Ci guardiamo e ci sorridiamo pure, ma sappiamo bene tutti e due che ormai il mio guanto di sfida è stato lanciato nell'istante in cui gli ho chiesto di darmi un pezzetto di esca.
Nulla si muove per interminabili minuti, poi ad un tratto, il mio dito indice, sul quale poggiava sino a quel momento una inerme lenza, si muove.....
Sento tirare !!!
Oh cazzo.......
Lui si gira di scatto, strabuzza di nuovo gli occhi, non può credere a ciò che sta succedendo.
Io, come un bambino al parco giochi, inizio a tirare su la lenza prestando attenzione a non rompere il filo e non perdere il bottino.
Dall'acqua vedo riemergere qualcosa, si agita, è grande.
Tiro su, arriva sul molo......non posso credere ai miei occhi !!!!
Una sogliola lunga due spanne delle mie mani, si agita e sbatacchiando se stessa sul suolo attira l'attenzione del Mangiafuoco pescatore ed anche quella di Gisella che poco lontano era intenta a scattare foto.
Lui, sconfitto ma onesto, inarca la bocca verso il basso e con gesti del capo ritmati mi trasmette i complimenti.
Gisella, corsa in gran carriera, anch'essa si complimenta con me, poi però........
" Ma guarda che occhietti........ Ma la vuoi uccidere ......? Ma non credi che sarebbe meglio liberarla ...?"
Io, chino sulla mia preda, guardo la sogliola con fierezza, poi alzo lo sguardo verso Gisella e già mi sento in colpa già solo perché le sto facendo respirare aria del molo anziché lanciarla in acqua.
Quindi, le tolgo con delicatezza l'amo e la lancio in acqua seguendola con lo sguardo di chi vede nuotare lontano la propria cena e vedendo invece riaffiorare lo spettro dell'ultima scatoletta di carne in scatola.
Mangiafuoco strabuzza gli occhi per la terza volta......io lo guardo e con fierezza da pescatore provetto quale non sono gli dico " too small".......
Felici per aver salvato un pesce dopo averne quasi decretato la su morte, Gisella ed io ripartiamo con la moto ancor più leggera.
Ci dirigiamo a sud-ovest, in un luogo dal nome impronunciabile, come quasi tutti i nomi di queste parti lo sono, Jokulsarlon.
Un luogo che toglie il fiato tanto la sua bellezza eterna ti colpisce.
Anche la prima volta in Islanda vi andammo, e oggi la mia paura era quella di non arrivare con il giusto approccio. Avevo timore di portarmi dietro l'emozione della prima volta e di conseguenza restarne, non dico deluso, ma forse meno colpito.
Ne parlo con Gisella e chiedo anche a lei di adottare un metodo, forse quello che dovremmo fare nella vita di tutti i giorni, ovvero, non abituarci mai, far sempre in modo che ciò che vediamo, chi amiamo, ciò che abbiamo, siano sempre una sorpresa, un regalo, un qualcosa di magnifico ed imperdibile.
Decidiamo quindi di filtrare le emozioni della prima volta e recarci in quel luogo come se non sapessimo cosa stavamo per andare a vedere.
Ed è così facendo che all'improvviso, in quel piccolo, minuscolo, infinitesimo pezzetto di ghiaccio, luccicante come un cristallo, ho visto una storia, non la mia, neppure una storia da scrivere, bensì la storia che quell'insieme di acqua addensata, prima di sciogliersi nelle mie mani, ha per secoli raccolto, osservato, accettato.
La laguna di Jokulsarlon, dove iceberg enormi staccatisidal ghiacciaio più grande di Europa, gironzolano ancora un po' prima di scivolare, trascinati dalla corrente, nell'oceano.
Da lì, le onde li rispediscono a riva, creando un contrasto di ghiaccio, onde, sabbia nera e luci.
Questo ghiaccio, storia di un mondo conservato per secoli, immobile nel suo comunque vivere e spostarsi, scende inesorabilmente, si stacca con fragore e l'acqua dolce e pura, creatasi quando ancora il mondo era altrettanto puro, ora si insinua nell'acqua di un oceano che la inghiotte e la fa sua.
Sulla spiaggia giacciono, come meduse spiaggiate, disseminati per chilometri iceberg di mille dimensioni differenti.
Il più piccino ci colpisce, è solo un frammento, ma così bello e lucente che fra tutti spicca.
Lo raccogliamo, e lasciando che il suo freddo geli il mio palmo, attendo che la sua storia, gocciolando giù dalla mia mano, si dissolva in mille altri cristalli di luce che a loro volta, null'altro saranno se non la storia di un piccolo ma indimenticabile .......nostro momento.












2 commenti:

  1. Emozionante....come tutti i vostri viaggi!
    Leggere i tuoi blog mi fa viaggiare con la mente e mi pare di essere
    li con voi.
    Che dire...GRAZIE e buon rientro.
    (anche la sogliola ringrazia!!!!)
    D & S

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  2. Complimenti ragazzi! I vostri racconti mi entusiasmano da matti. leggere queste pagine mi avvicinano sempre di più a quei luoghi.
    Un abbraccio, Francesco.

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